L'arte è il grido d'allarme di coloro che vivono in sé il destino dell'umanità: che non l'accettano, ma che si misurano con esso; che non azionano ottusamente il motore a cui si dà il nome di "oscure potenze", ma che si gettano nell'ingranaggio in movimento per comprenderne la struttura. Sono coloro che non distolgono gli occhi per mettersi al riparo da emozioni, ma li spalancano per attaccare ciò che va attaccato. Sono coloro che però chiudono spesso gli occhi per percepire ciò che i sensi non rivelano, per guardare dal di dentro ciò che solo apparentemente accade al di fuori. E dentro in loro, è il moto del mondo; fuori ne trapela l'eco soltanto: l'opera d'arte.
Arnold Schönberg

 

Maria Caboni

Martedì, 11 novembre 2003

Un foglio bianco.
Nel bianco, indistinti, vivono tutti i colori.
Filtro, quinta, palcoscenico.
Emerge un colore, poi un altro, simile e poi, poco distante, il terzo somigliante.
Poi un segno, con la matita, leggero, poi più forte e … interrotto.
Uno specchio, un arrivo.
La mano, col lungo pennello, si appoggia sulla carta, liquidamene, fino a che la forma non è compiuta.
Io, al di qua, con la mia barriera fisica, fragile e oltre l’immateriale, che vive dietro lo specchio, forse lo intravedo.
E sul foglio un nuovo, inventato codice, tentativo d’espressione di qualcosa di indagato, ricercato, multiforme e impalpabile e sempre diverso. Come creare un’unità?
Si sceglie, ma tante altre sono le soluzioni. L’armonia, l’equilibrio, la tranquillità o la pazzia o semplicemente l’inquietudine.
Sul foglio si ferma il movimento, ma può restare la tensione, l’illusione, la vibrazione.
Un rettangolo bianco e a fianco, ai margini, l’aria, gli oggetti, le correnti. Uno spazio di pausa o di riflessione, di passaggio, di lentezza, di pittura, di sofferenza o gioia e felicità (?).
Una mostra: un percorso da un foglio all’altro.
Spazi bianchi collegati.
Un ritmo, parallelo alla vita, bio-fisiologica, dei sentimenti e della pittura. Quante cose possono convivere in un ritmo, apparentemente solo visivo! E dietro?

16 settembre 2004

Dare consistenza al tempo.
Nel suo spazio indefinito, tra nascita e morte, si inseriscono forme, pensieri, percorsi, la vita.
Dopo di noi qualcosa resterà, per un certo periodo.
L’opera dell’uomo viene ricostruita da archeologi, restaurata da artigiani, conservata e a volte visitata da altri.
Una casa, un tempio, dei decori, l’arte, illusione di bellezza, resti agro-alimentari di antiche abitudini.
Ritrovarsi a fare riflessioni filosofiche, per dare un senso alla vita.
Ognuno deve fare qualcosa.
Le mire migliori sono quelle che puntano al miglioramento del benessere collettivo.
Nel mio caso può essere di conforto (?) sapere che qualche mio lavoro può dare qualche sensazione, a chi lo avrà voluto a casa propria.

11 novembre 2004

La mano col pennello viene attirata da un colore, e così sulla tavolozza di carta è mescolato con acqua un arancio mattone, e poi ci si sposta sulla carta del foglio bianco, vi si appoggia il tono scelto e poi la forma si chiude in viola.
Nascono così, pur con azzurri e verdastri, tanti piccoli acquerelli rotondi, quadrati e rettangolari, tra settembre e novembre.

… Non è possibile ritrovare gli stessi colori nelle stesse posizioni in due diversi lavori.
Ogni stato d’animo è a sé.

Ancora nel tre